In Pensione https://www.inpensione.it Fri, 09 Nov 2018 14:29:44 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.1 Riforma Pensioni 2019 e adeguamento speranza di vita https://www.inpensione.it/riforma-pensioni/riforma-pensioni-2019-e-adeguamento_525.html Fri, 26 Oct 2018 07:04:25 +0000 https://www.inpensione.it/?p=525 Pensioni 2019

La riforma sulle pensioni 2019 sta prendendo piede. Nelle ultime settimane si è parlato di molte cose, dalla Quota 100 alla Quota 41, per finire con la Quota 42. Una delle cose che al vaglio in merito alla possibilità di andare in pensione senza tenere conto del limite di età, è quella dell’adeguamento della stessa […]

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Pensioni 2019

La riforma sulle pensioni 2019 sta prendendo piede. Nelle ultime settimane si è parlato di molte cose, dalla Quota 100 alla Quota 41, per finire con la Quota 42. Una delle cose che al vaglio in merito alla possibilità di andare in pensione senza tenere conto del limite di età, è quella dell’adeguamento della stessa alla speranza di vita.

Stando a quanto si dice in merito a queste novità, vi sarebbe la volontà del gruppo di Governo di mantenere quella è stata uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale. Cosa molto sentita da parte del Movimento 5 Stelle. Infatti, lo stesso Di Maio si è espresso positivamente intorno a questa riforma.

Vi sono degli aspetti interessanti, ma anche altri più problematici. Questi riguardano il modo in cui impostare tale nuova misura sulle pensioni, affinché possa risultare funzionale e ben strutturata, Per questo il gruppo di lavoro sta cercando di dare solidità al progetto.

Entrando però nello specifico, cosa comporterebbe in termini effettivi la sospensione dell’adeguamento per la speranza di vita? Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Pensioni 2019: sospensione adeguamento

Tale provvedimento è chiaramente qualcosa che va a favore di tutti quei lavoratori che si presentano ad un passo dalla pensione con molti anni lavorati alle spalle. Lavoratori il quale unico problema per poter lasciare la propria occupazione è rappresentato dal limite di età effettiva.

In pratica, con la sospensione dell’adeguamento sulla speranza di vita, non si terrà conto del prossimo scatto di 5 mesi per poter andare in pensione. In termini numerici, saranno sufficienti 42 anni e 10 mesi di contributi per quanto riguarda gli uomini, mentre saranno sufficienti 41 anni e 10 mesi nel caso delle donne.

Come detto, in questo caso non sarà necessario prendere in considerazione l’età anagrafica. Tale provvedimento dunque, è inutile dire che sia molto atteso da coloro che lavorano da molti anni. Quelle persone che vorrebbero cominciare a godersi la pensione senza dover attendere di raggiungere il limite di età. Spesso, ciò significa dover lavorare ancora diversi anni.

Pensioni 2019 e adeguamento: soluzione temporanea

Tocchiamo adesso un aspetto più complicato del provvedimento in questione. Il gruppo dei tecnici di Governo sta lavorando molto per trovare una soluzione completa, tra cui trovare le coperture affinché possa essere messa in atto questa importante novità. Secondo gli esperti del settore però, non si può parlare di provvedimento definitivo.

Insomma, anche se tutto andrà bene e verrà inserita la sospensione dell’adeguamento, è probabile che solo coloro che ne usufruiranno nell’immediato avranno la possibilità di accedere alla pensione con il nuovo sistema. Questo perché non ci sarebbero le coperture necessarie per protrarre a lungo questa misura, ma solo per un determinato periodo di tempo.

Ad ogni modo, è un inizio che permetterà al gruppo di Governo di capire quanto si possa fare per creare un riforma sulle pensioni nel tempo. Un sistema che possa funzionare a lungo. Le novità presentate per il 2019 sono molte, e c’è da capire alla fine quali prenderanno il via e quali no. Al momento infatti, c’è molta incertezza e molta confusione sull’argomento.

 

 

 

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Pensione casalinghe 2019: cosa c’è da sapere https://www.inpensione.it/fondi-pensione/pensione-casalinghe-2019_491.html Mon, 15 Oct 2018 09:30:38 +0000 https://www.inpensione.it/?p=491 Pensione casalinghe

La pensione casalinghe continua a essere presente, grazie ad un fondo di garanzia che l’Inps ha messo a disposizione nel 1997. Tale retribuzione spetta sia a coloro che si dedicano alla cura della propria famiglia a titolo gratuito, oppure a coloro che per motivi di inabilità non possono accedere ad un qualsiasi tipo di lavoro. […]

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Pensione casalinghe

La pensione casalinghe continua a essere presente, grazie ad un fondo di garanzia che l’Inps ha messo a disposizione nel 1997. Tale retribuzione spetta sia a coloro che si dedicano alla cura della propria famiglia a titolo gratuito, oppure a coloro che per motivi di inabilità non possono accedere ad un qualsiasi tipo di lavoro. Come fare per accedere alla pensione e quali sono i requisiti da avere per l’anno 2019? Nel nostro articolo entreremo nel dettaglio per saperne di più.

Pensione casalinghe 2019: come fare per accedervi

L’accesso alla pensione casalinghe è abbastanza facile da ottenere, basta infatti iscriversi al ‘fondo casalinghe INPS’, un fondo di previdenza che è stato dedicato esplicitamente alle persone che “svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”.

Si deve versare un contributo mensile pari a 25,82 euro mensili per un periodo di almeno 60 mesi, dopodiché si avrà accesso al trattamento pensionistico sulla base della totalità dei contributi che si sono versati. Dunque, abbiamo intanto chiarito cosa si debba fare per accedere alla pensione casalinghe. Inoltre, abbiamo preso atto di quanto sia dovuto per quanto riguarda la contribuzione per raggiungere la meta. Adesso, è necessario capire quali siano i requisiti di cui essere in possesso per essere idonei a fare domanda.

Pensione casalinghe: i requisiti da avere

Prima di qualsiasi cosa, coloro che possono presentare domanda devono avere almeno 15 anni e un massimo di 65. Il trattamento pensionistico è aperto sia agli uomini che alle donne. I requisiti per poter accedere alla pensione casalinghe, oltre che a quello sull’età appena descritto sono:

  • Esercitare un lavoro in famiglia che sia legato a responsabilità verso i propri familiari, senza essere retribuiti e non soggetti a vincoli di subordinazione.
  • Non si deve essere titolari di una qualsiasi pensione diretta.
  • Non si deve svolgere alcuna attività lavorativa, che essa sia autonoma o dipendente, che preveda quindi l’essere iscritti ad altri enti previdenziali.
  • Svolgere un’attività lavorativa part-time se, in base a quelli che sono l’orario e lo stipendio, vi sia una riduzione delle settimane utili per il diritto alla pensione.

Le persone che in precedenza erano iscritte alla Mutualità pensioni, saranno iscritte d’ufficio nel nuovo Fondo pensione casalinghe e utilizzeranno i contributi versati come “premio unico d’ingresso”.

Pensioni casalinghe 2019: come fare domanda

Per iscriversi al fondo pensione casalinghe, sarà necessario presentare la domanda e l’iscrizione decorrerà dal primo giorno successivo alla data di presentazione. La domanda può essere presentata nei seguenti modi:

  • Direttamente all’INPS, o mediante un qualsiasi Patronato che sia riconosciuto dalla legge e che presti assistenza gratuita ai lavoratori.
  • La domanda può essere presentata anche tramite posta con raccomandata, da inviare apponendo anche la ricevuta di ritorno, per avere la certezza che la domanda sia stata presa correttamente in carico.
  • Si può presentare la domanda anche on-line, recandosi sul sito ufficiale dell’INPS.
  • Un altro modo per presentare la domanda è presso qualsiasi intermediario dell’INPS, enti che agiscono in sua funzione come ad esempio il patronato di cui accennato al punto 1.

Si può fare richiesta anche tramite il contact center, il numero è 803164 ed è gratuito per chi chiama da rete fissa. Per chiamare da rete mobile si deve fare lo 06164164. Il costo è secondo quella che è la tariffa del proprio gestore telefonico.

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Pensione con 5 Anni di Contributi: si può avere? Calcolo ed Importi https://www.inpensione.it/contributi-pensione/pensione-5-anni-contributi_460.html Wed, 13 Jun 2018 16:36:53 +0000 https://www.inpensione.it/?p=460 Prescrizione Contributi INPS, 5 o 10 anni?

Andare in pensione con almeno 5 anni di contributi è possibile, ma solo a determinate condizioni ben precise. Approfondimento sulle possibilità previste dalla legge italiana di prendere la pensione con così pochi contributi versati.

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Prescrizione Contributi INPS, 5 o 10 anni?

Andare in pensione con 5 anni di contributi in Italia è possibile. Si parla, in questo caso, di pensione di vecchiaia, cioè quella che si può raggiungere a 70 anni e 7 mesi di età (che diventeranno 71 a partire dal 2019) indipendentemente dagli anni contributivi che si sono versati.

Andare in pensione con solo 5 anni di contributi

Se hai compiuto da poco l’età della pensione, ma non hai versato il minimo di 20 anni di contributi, in Italia non puoi avere la pensione di vecchiaia ordinaria.

Al contrario, si può avere la pensione di vecchiaia contributiva con almeno 5 anni di contributi, a condizione che la prestazione pensionistica può essere calcolata interamente con il sistema contributivo.

Pensione di vecchiaia con 5 anni di contributi, chi ne ha diritto

Hanno diritto alla pensione di vecchiaia anche se si hanno solo 5 anni di versamenti contributivi tutti coloro che:

  • hanno compiuto 70 e 7 mesi di età (a partire dal 2019 saranno necessari 71 anni);
  • si sono versati almeno 5 anni di contributi con il sistema contributivo;
  • non si hanno contributi versati prima del 1° gennaio 1996;
  • si hanno solo i contributi della gestione separata o si è optato per il calcolo della contribuzione secondo questa gestione;

In pratica, tutti coloro che non hanno contributi prima del 1° gennaio 1996, e hanno almeno 5 anni di contributi dopo, possono ottenere la pensione di vecchiaia.

Se invece si hanno dei contributi versati entro il 31 dicembre 1995, allora si può optare per il computo in gestione separata. Con la facoltà di computo è possibile versare tutti i contributi versati in varie gestioni previdenziali all’interno della cosiddetta “gestione separata”. All’interno di questa particolare gestione, infatti, la pensione viene calcolata secondo il sistema 100% contributivo, che permette di andare in pensione in via anticipata a 63 anni di età, oppure di avere la pensione di vecchiaia a 70 anni e 7 mesi (71 dal 2019) avendo versato almeno 5 anni di contributi.

Ci sono tuttavia dei requisiti aggiuntivi per poter entrare a far parte del computo della gestione separata:

  • avere almeno 15 anni di contributi;
  • avere almeno 5 anni di contributi versati dopo il 1° gennaio 1996;
  • avere almeno un contributo alla data del 31 dicembre 1995, ma non oltre 18 anni di contributi alla stessa data.

Possono entrare a far parte di questa opzione contributiva gli artigiani, ma anche le casalinghe, chi ha una pensione INPS o Enasarco, per esempio, oppure gli stranieri extracomunitari e non che hanno dei contributi regolarmente versati in Italia.

Calcolo della pensione con 5 anni di contributi, ed importo

Il metodo del calcolo contributivo è più penalizzante rispetto a quello del calcolo retributivo. Il primo si basa sui contributi che sono stati effettivamente versati, il secondo, invece, si basa sul conteggio degli ultimi anni di stipendio o di retribuzione. Per questo motivo possiamo dire che il sistema contributo è penalizzante rispetto all’altro (in media la penalizzazione va dal 25% al 30% circa, con picchi del 50%).

Per un calcolo preciso della pensione che si può ottenere occorre necessariamente rivolgersi all’ente di competenza, che potrà conteggiare i contributi versati e fornire un importo più esatto, con il quale si potranno fare di conseguenza tutti i conteggi che si desiderano, per ogni necessità.

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Pensioni 2019: le nuove regole in previsione https://www.inpensione.it/riforma-pensioni/pensioni-2019-nuove-regole_434.html Mon, 04 Jun 2018 11:49:40 +0000 https://www.inpensione.it/?p=434 Pensioni 2019: le nuove regole in previsione

Quali sono le novità e le previsioni per le pensioni a partire dal 2019: età pensionabile e contributi versati per poter usufruire dell’assegno pensionistico.

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Pensioni 2019: le nuove regole in previsione

Per le pensioni del 2019 le previsioni sembrano essere molto chiare. In seguito alle eventuali modifiche che verranno introdotte nella struttura della riforma Fornero, così come è intenzione da parte del nuovo Governo, si potrebbero andare a toccare le pensioni che riguardano tutto il settore pubblico. Questo settore dei pensionamenti dal 2016 al 2017 ha fatto registrare un incremento pari al 2,5%. Le pensioni del pubblico impiego sono soprattutto rivolte alle donne, che rappresentano il 58,6% del totale. Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio italiano, ad usufruirne è per la maggior parte il Nord, con il 40,9% dei pensionati. Ma quali saranno le nuove regole per andare in pensione a partire dal 2019?

Pensione anticipata e di vecchiaia

Per quanto riguarda la pensione anticipata, non viene presa in considerazione l’età, ma i contributi versati. Dal prossimo anno, in seguito all’adeguamento dell’età pensionabile, sarà necessario avere 43 anni e 3 mesi di contribuiti per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. Per la pensione di vecchiaia dovrebbero essere sufficienti 20 anni di contributi. In questo caso, però, viene presa in considerazione l’età anagrafica, che dal 2019 passerà a 67 anni.

Ape sociale e Ape volontaria

L’Ape sociale rappresenta una soluzione pensata per i disoccupati, per gli invalidi al 74% e per le persone che si dedicano all’assistenza di parenti disabili. Per usufruirne bisogna avere 30 anni di contributi e almeno 63 anni. In caso di lavori particolarmente gravosi, sono richiesti 36 anni di contributi.

Con l’Ape volontaria si può andare in pensione con 20 anni di contributi. Però è fondamentale che manchino meno di 3 anni e 7 mesi al raggiungimento della pensione di vecchiaia. Per tutto questo periodo il lavoratore dovrà sottoporsi ad un prestito agevolato da ripagare con le trattenute dalla pensione.

Quota 41

La Quota 41 riguarda i lavoratori precoci, che possono smettere di lavorare dopo 41 anni di contributi. Sono necessari alcuni requisiti essenziali: aver lavorato almeno 12 mesi prima dei 19 anni e avere un’anzianità contributiva prima del 1995.

Quota 100

La Quota 100 sarà il nuovo tetto alla pensione e si otterrà sommando l’età anagrafica minima e il numero di contributi versati. Se questa somma arriva al valore di 100, si può andare in pensione. (leggi anche quanto ci costerà la Quota 100)

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Quattordicesima pensionati 2018: gli importi aggiornati https://www.inpensione.it/quattordicesima/quattordicesima-pensionati-novita_13.html Tue, 22 May 2018 04:16:43 +0000 http://www.inpensione.it/?p=13 Quattordicesima pensionati: aumento e novità aggiornate

Tutte le ultime novità sulla quattordicesima 2018, incluso l'aumento previsto dal Governo. Chi potrà prendere questa pensione? Che requisiti è necessario avere?

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Quattordicesima pensionati: aumento e novità aggiornate

Novità in arrivo per tutti i pensionati che percepiscono una quattordicesima: anche quest’anno ci sarà un incremento generale dell’importo di questa mensilità aggiuntiva, e saranno alleggeriti i requisiti necessari per poter avere diritto alla quattordicesima 2018, con la conseguenza che saranno circa 1 milione di italiani in più a potervi contare a partire dal prossimo anno.

Quattordicesima pensionati 2018: le ultima novità

Secondo quanto previsto dal ministro del lavoro Giuliano Poletti, nella prossima legge di bilancio (che verrà presentata a metà ottobre) sarà prevista una norma che amplierà il numero di italiani che potranno ricevere una quattordicesima sulla pensione, ed inoltre l’importo di questa mensilità sarà aumentato.

Ad esempio, chi ha più di 25 anni di contributi riceverà, a partire dal 2017, 655 € di quattordicesima, contro i 504 € di quest’anno. Chi ha, invece, meno di 25 anni di contributi (ma più di 15) riceverà 437 € invece di 336 € . In generale, l’importo medio passerà da 420 € all’anno, a 546 € annui.

Tabella riepilogativa degli aumenti della quattordicesima 2018

2016 2017 2018 Differenza 2018 / 2017
+ 25 anni di contributi da dipendente, o 28 da autonomo € 655 € 504 € 504 + 0 euro
Tra 15 e 25 anni di contributi  – € 420 € 420 + 0 euro
+ 15 anni di contributi da dipendente, o 18 da autonomo € 437 € 336 € 336 + 0 euro

Chi prenderà la 14° mensilità?

Poletti ha anche fatto sapere che non ci sono novità per quanto riguarda il pagamento della somma, che verrà erogata sempre in corrispondenza della pensione di luglio.

Prenderà la 14° chi ha una di queste pensioni (a condizioni di rientrarci con il reddito, ne parliamo più sotto):

  • Pensione di vecchiaia;
  • Ex pensione di anzianità;
  • Pensione anticipata;
  • Pensione di inabilità;
  • Assegno ordinario di invalidità;
  • Pensione ai superstiti

E’ fondamentale che il soggetto sia un pensionato INPS, non hanno infatti diritto alla quattordicesima coloro che hanno una pensione erogata da un ente diverso, come Enasarco o Inpgi, a causa del fatto che tali enti sono stati privatizzati negli ultimi anni.

L’età

Per beneficiare della 14° mensilità occorre avere un’età anagrafica maggiore di 64 anni e hanno un reddito inferiore a due volte il trattamento minimo.

Il reddito

Per poter avere diritto alla 14° bisogna inoltre avere un reddito che sia inferiore di due volte rispetto al trattamento minimo.

Redditi inclusi ed esclusi per determinare se si ha diritto alla quattordicesima

Non cambiano i criteri di determinazione del reddito. Sono inclusi sia la pensione che i redditi di ogni altra natura.

Non può averla, invece, chi ha uno dei seguenti redditi:

  • Trattamenti di famiglia;
  • Reddito della prima casa;
  • Competenze arretrate;
  • TFR, Trattamento di Fine Rapporto;
  • Pensioni di guerra;
  • Indennità per l’accompagnamento, per i sordomuti o per i parziali non vedenti

Quattordicesima 2018, un aiuto a chi è più in difficoltà

Dal punto di vista del Governo, l’aumento della pensione quattordicesima e l’ampliamento del numero di persone che possono averla, è un aiuto a tutte le famiglie italiane che si trovano in una certa difficoltà economica e hanno bisogno di aiuto per arrivare a fine mese.

Dal nostro punto di vista, sicuramente si tratta di un aiuto concreto che può far bene a molti italiani, considerando alla fine che i destinatari principali di questa mensilità aggiuntiva sono coloro che hanno i redditi più bassi.

Giudizi sulla quattordicesima

Come era ovvio, in rete la notizia dell’aumento della quattordicesima ai pensionati ha scatenato diverse reazioni, sia relativamente al fatto che l’incremento è ritenuto eccessivo (si parla di oltre 100 euro a pensione), sia relativamente ai soldi che l’INPS dovrà materialmente cacciare per poter onorare l’impegno: da dove verranno presi?

Infine, c’è chi si chiede se questa norma non avvantaggia il “povero” che ha versato pochi contributi che finirebbe per essere più ricco di tanti altre persone che sono semplicemente definite come “privilegiate” dallo stato (e che dunque hanno solo la tredicesima) ma che in realtà privilegiate non lo sono di fatto.

Da sempre le pensioni sono una questione molto delicata, tu cosa pensi delle novità sulla quattordicesima?

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Pensione di reversibilità per figlio inabile: quando ne ha diritto? https://www.inpensione.it/reversibilita/pensione-reversibilita-figlio-inabile_365.html Mon, 14 May 2018 09:54:19 +0000 https://www.inpensione.it/?p=365 Pensione di reversibilità per figlio inabile: quando ne ha diritto?

Quali sono i requisiti e le condizioni perché un figlio maggiorenne possa conseguire la pensione di reversibilità del genitore deceduto in caso di inabilità.

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Pensione di reversibilità per figlio inabile: quando ne ha diritto?

Quando un figlio inabile ha diritto alla pensione di reversibilità? Per comprendere fino in fondo come funziona la procedura, bisogna vedere qual è il concetto di inabilità stabilito dal nostro ordinamento. Secondo le norme vigenti, per inabilità si considera la permanente impossibilità a svolgere un lavoro, determinata dall’infermità, da un difetto fisico o mentale.

L’inabilità comporta per il soggetto l’impossibilità di svolgere un’attività lavorativa sia di tipo subordinato che autonomo. Di conseguenza il soggetto inabile, poiché non può svolgere alcun lavoro, non ha la possibilità di guadagnare.

Il concetto è completamente diverso da quello che riguarda, invece, l’invalidità civile. Quest’ultima riguarda una diminuzione permanente delle capacità di lavoro. L’inabilità, al contrario, verte sull’impossibilità di essere occupato in qualsiasi attività lavorativa.

La pensione di reversibilità per il figlio inabile

Per ottenere, quindi, la pensione di reversibilità non è sufficiente essere invalido civile al 100%. Infatti il figlio inabile, per poter ottenere la pensione di reversibilità del genitore, deve sottoporsi ad un altro esame per accertare le sue condizioni psicofisiche. La procedura si svolge secondo le disposizioni della legge 222 del 1984.

C’è però un’eccezione che bisogna segnalare e che si rifà all’articolo 8 della stessa legge 222 del 1984. Secondo questa norma, per il riconoscimento della pensione di reversibilità, non costituisce ostacolo l’attività lavorativa con orario non superiore a 25 ore settimanali e che viene svolta per finalità terapeutiche, come per esempio quei lavori svolti presso le cooperative sociali o presso quelle aziende che assumono i soggetti secondo la legge per il collocamento dei disabili.

In queste condizioni il figlio inabile può avere un proprio reddito mensile, a cui può essere aggiunta la pensione di reversibilità del genitore.

Le altre condizioni per la pensione di reversibilità

È fondamentale, perché il figlio inabile abbia riconosciuta la pensione di reversibilità, che l’inabilità sussista al momento della morte del genitore. Inoltre è importante che il figlio maggiorenne, al momento della morte del genitore, sia a suo carico, in modo da dimostrare che il figlio sia stato soggetto al mantenimento abituale da parte del genitore deceduto.

Un altro requisito fondamentale è che il figlio maggiorenne inabile non sia autosufficiente economicamente. Per questo punto si fa riferimento al non superamento di un reddito pari a 16.532 euro all’anno. Questa soglia può essere aumentata per i figli inabili che percepiscono un’indennità di accompagnamento. In questi casi il limite di reddito è pari a 23.143 euro all’anno.

Per accertare il mantenimento abituale da parte del genitore deceduto nei confronti del figlio inabile, si deve verificare che il figlio convivesse con l’assicurato. Questa è una verifica che viene avviata dall’INPS. Se il figlio non risulta convivente, bisogna effettuare un confronto preciso sui redditi, in modo da vedere se veramente il mantenimento fosse di natura rilevante e continuativa.

Tuttavia non è richiesto che il genitore deceduto provvedesse al mantenimento del figlio in via esclusiva. Per esempio rimane valido ai fini del conseguimento della pensione di reversibilità il fatto che il genitore provvedesse al pagamento delle utenze, del condominio, dell’acquisto dei farmaci. Oppure un altro caso particolare è quello in cui il figlio inabile sia ricoverato in un istituto di cura o di assistenza, anche se la retta non veniva pagata dal genitore deceduto, che però provvedeva ad assicurargli i mezzi di sussistenza con continuità.

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Pensione di reversibilità a figli e nipoti: cosa dice la legge https://www.inpensione.it/reversibilita/pensione-reversibilita-figli-nipoti_339.html Mon, 07 May 2018 06:57:29 +0000 https://www.inpensione.it/?p=339

La pensione di reversibilità in favore di un figlio o di un nipote è una procedura ben definita dalla legge, vediamo che cosa c'è da sapere.

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La pensione di reversibilità ai figli del defunto è disciplinata in maniera chiara dalla legge italiana, che identifica quali sono i soggetti che ne hanno diritto ed in che ammontare. Continua a leggere tutte le informazioni del caso.

Pensione di reversibilità a separati e divorziati: leggi cosa dice la legge

Assegno di pensione ai figli del defunto

La legge stabilisce che hanno diritto a ricevere l’assegno di pensione di reversibilità i figli che, alla data del decesso, hanno determinate caratteristiche:

  • minorenni;
  • inabili ed erano a carico del lavoratore o pensionato defunto. In questo caso non ci sono limiti di età;
  • studenti fino a 21 anni di età, purché a carico del lavoratore o pensionato defunto e disoccupati;
  • studenti universitari fino a 26 anni purché in corso, a carico del defunto e disoccupati

Rientrano all’interno della definizione di figli ai fini del conseguimento della pensione di reversibilità sia i figli naturali, nati all’interno di un matrimonio o meno, ma anche i figli che sono stati adottati, affiliati e riconosciuti legalmente. Il diritto nasce anche in favore dei figli nati entro 30 giorni dalla data di morte della persona.

Chi sono i figli a carico?

La definizione di figlio a carico include tutta una serie di soggetti che erano “dipendenti” al lavoratore / pensionato, alla data di morte del medesimo.

Sono considerati a carico i figli:

  • minorenni
  • maggiorenni purché studenti e con un reddito annuo inferiore al trattamento minimo + un 30%;
  • maggiorenni inabili e con un reddito annuo inferiore a quello previsto per la pensione agli invalidi civili totali;
  • maggiorenni inabili con assegno di accompagnamento e con un reddito annuo inferiore a quello previsto per legge dalla pensione agli invalidi civili totali + l’ importo dell’indennità.

Assegno di reversibilità ai nipoti

La legge stabilisce anche il caso particolare in cui dell’assegno di reversibilità possano usufruirne i nipoti: in questo caso essi sono equiparati ai figli purché conviventi e completamente a carico del defunto, ovvero non titolari di pensione né di altri redditi tali da poter assicurare a lavoro la sufficienza economica.

Pensione di reversibilità se mancano figli e nipoti

Nel caso in cui il defunto non aveva né figli e né nipoti, la pensione viene erogata ai seguenti soggetti:

  • genitori con più di 65 anni, non pensionati alla data di morte del lavoratore e a suo carico;
  • ai fratelli celibi o alle sorelle nubili, purché inabili e a carico del defunto alla data di morte.

Assegno ridotto: ecco quando

Infine, occorre ricordare che l’assegno di reversibilità viene ridotto, secondo la legge 335/1995, qualora il soggetto che lo percepisce ha anche altri redditi.

Tra i redditi che sono validi per la riduzione dell’assegno di invalidità ci sono quello della pensione, del lavoro e, in generale, anche altri redditi (come quello da fabbricati ad esempio).

Importo dell’assegno di reversibilità

Per poter calcolare con esattezza l’importo dell’assegno di reversibilità, al momento della presentazione della domanda da parte di chi ne ha diritto o di chi ne fa le veci, occorre indicare con precisione se ci sono altri redditi che possono andare a diminuire l’importo dell’assegno stesso.

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Riforma pensioni: l’UE boccia il sistema previdenziale in Italia https://www.inpensione.it/riforma-pensioni/riforma-pensioni_330.html Thu, 03 May 2018 07:48:29 +0000 https://www.inpensione.it/?p=330

La riforma delle pensioni in Italia è stata ampiamente criticata dall’Unione Europea: i rischi per il futuro secondo gli esperti della Commissione UE.

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La riforma delle pensioni italiana è stata bocciata dalla Commissione Europea. L’UE ha pubblicato uno specifico rapporto nel quale fa sentire tutta la sua disapprovazione nei confronti del sistema pensionistico vigente nel nostro Paese. Secondo gli esperti europei, nemmeno le ultime riforme delle pensioni sono riuscite a risolvere il problema e, nel lungo termine, c’è il rischio che gli importi per le pensioni si abbassino notevolmente.

Le considerazioni dell’Unione Europea

Secondo il parere degli esperti della Commissione Europea, in Italia ci sarebbe bisogno di una riforma delle pensioni in grado di dimostrarsi efficace. I problemi generati da questo sistema pensionistico si rivelerebbero soprattutto per chi non può godere di una carriera lavorativa continua. L’Unione Europea ritiene che occorrerebbe perseguire l’obiettivo di abbassare la spesa previdenziale, senza trascurare il raggiungimento di una situazione più attenta alle esigenze economiche della popolazione.

Che cosa prevede l’Unione Europea

Secondo le previsioni della Commissione Europea, con il passare del tempo la situazione in Italia dal punto di vista pensionistico è destinata ad aumentare la sua criticità. Nel corso dei prossimi anni l’incidenza della spesa previdenziale sul PIL subirà un incremento.

Contemporaneamente gli importi delle pensioni diminuiranno. In particolare la spesa previdenziale resterà stabile fino al 2020 e si attesterà intorno al 15,6% del PIL. Dopo il 2020, a poco a poco si assisterà ad un aumento, fino ad arrivare al 18,7% del PIL nel 2040. Nel lungo periodo non saranno più efficaci le restrizioni introdotte dalla legge Fornero, per cui quegli stessi giovani che oggi hanno difficoltà a trovare un lavoro si ritroveranno ad avere una pensione inadeguata alle loro necessità.

La situazione sarà aggravata dal calo demografico del nostro Paese.

L’unica inversione di tendenza ci sarà soltanto nel 2041, quando la spesa previdenziale scenderà per poi arrivare nel corso del tempo al 13,9% del PIL. Questo risultato, secondo le previsioni della Commissione Europea, arriverà soltanto nel 2070.

UE: “Le riforme di Renzi inadeguate contro la povertà”

Gli esperti della Commissione Europea hanno chiarito anche l’inefficacia delle ultime norme sulle pensioni, introdotte dal Governo Renzi. Se da una parte questa riforma ha prodotto dei buoni risultati dovuti soprattutto ai nuovi strumenti per la pensione anticipata, dall’altra viene ritenuta inadeguata l’APE volontaria, per i suoi costi molto alti.

È stata criticata anche l’estensione della quattordicesima ad alcune categorie di pensionati. Con il tempo si potrebbe incorrere nel pericolo di pensionati sempre più poveri. L’unica soluzione, secondo il parere dell’Europa, sarebbe quella di ridistribuire meglio le pensioni pubbliche. Inoltre, proprio per avvantaggiare i giovani lavoratori, si dovrebbero favorire le previdenze integrative, che ancora in Italia sono poco usate.

Con un miglioramento del sistema previdenziale in vigore in Italia, si eviterebbe il rischio di penalizzare chi ha un lavoro precario. In ogni caso, fa notare l’Unione Europea, nemmeno la legge Fornero è riuscita a risolvere totalmente il problema, perché con i requisiti più restrittivi per andare in pensione non ha fatto altro che ritardare l’uscita dal lavoro di molti anziani, determinando una riduzione del numero dei giovani lavoratori. La Commissione Europea avverte che proprio a causa della riforma Fornero circa un milione di giovani non ha potuto usufruire di buone opportunità lavorative.

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Ottava Salvaguardia: per chi? Chi rientra tra gli esodati? https://www.inpensione.it/ottava-salvaguardia/ottava-salvaguardia-per-chi_46.html Tue, 24 Oct 2017 16:06:49 +0000 http://www.inpensione.it/?p=46 Ottava Salvaguardia: per chi? Chi rientra tra gli esodati?

Esodati Ottava Salvaguardia: chi sono i beneficiari di questa misura di legge? Chi può usufruire di quest'ultima salvaguardia?

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Ottava Salvaguardia: per chi? Chi rientra tra gli esodati?

L’Ottava Salvaguardia è una delle ultime novità del mondo pensionistico italiano. Nel nostro paese è stata introdotta con l’ultima legge di stabilità e c’è possibilità di fare domanda solo fino al 2 marzo 2017. Tutte le domande dovranno essere inviate alla sede locale INPS o alle Direzioni Territoriali del Ministero del Lavoro.

Una delle cose che maggiormente ci si chiede in merito è: per chi è l’Ottava Salvaguardia? Chi rientra nelle categorie degli esodati? (ovvero delle persone che possono trarre vantaggio da questa legge).

Continua a leggere per scoprire se rientri tra gli esodati. Ti invitiamo a leggere per bene e, nel caso, ad approfondire con un commercialista, perché l’ottava salvaguardia è molto vantaggiosa, ben più conveniente dell’Ape sociale (il sussidio erogato dal 1° maggio 2017).

Esodati Ottava Salvaguardia: chi sono

Mobilità (11.000 posti)

Tutti i lavoratori in mobilità in seguito a degli accordi governativi, o accordi che non sono stati stipulati entro il 31 dicembre 2011. Per loro, il diritto alla pensione matura entro 36 mesi dalla data di scadenza dell’indennità di mobilità, anche nel caso di versamento dei contributi volontari. La cessazione del rapporto di lavoro deve esserci invece stata entro il 31 dicembre 2014.

Prosecutori volontari (10.400 posti)

Nella seconda categoria rientrano i prosecutori volontari che sono stati autorizzati alla contribuzione prima del 4 dicembre 2011 e che hanno almeno un contributo volontario, indipendentemente dal fatto se hanno svolto, in seguito, solo attività diverse da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il diritto alla pensione deve maturare entro il 6 gennaio 2019, inclusa la finestra mobile.

Cessati dal servizio (7.800 posti)

Chi ha cessato dal servizio entro il 30 giugno 2012 in seguito ad accordi individuali o collettivi che sono stati stipulati entro il 31 dicembre 2011, indipendentemente dal fatto se, in seguito, hanno svolto o meno attività di lavoro subordinato con contratto a tempo indeterminato. Rientrano nella categoria anche i cessati dal lavoro dopo il 30 giugno 2012, ma solo entro il 31 dicembre dello stesso anno, sia se la cessazione è avvenuta con le modalità indicate sopra che per risoluzione unilaterale, tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011.

Il diritto alla pensione deve maturare entro il 6 gennaio 2019, inclusa la finestra mobile.

Congedo assistenza disabili (700 posti)

Rientrano in questa categoria i lavoratori che, nel 2011, sono stati congedati per poter assistere i figli gravemente disabili. Il diritto alla pensione deve maturare entro il 6 gennaio 2019.

Dipendenti a tempo determinato (800 posti)

Chiude la serie di esodati la categoria dei dipendenti con contratto a tempo determinato che sono cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, a patto che non siano stati rioccupati con un contratto a tempo indeterminato (ad esclusione degli operai del settore agricolo e di coloro che hanno qualifica stagionale). Il diritto pensionistico deve maturare entro il 6 gennaio 2018, compresa la finestra mobile.

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Prescrizione Contributi INPS, 5 o 10 anni? https://www.inpensione.it/contributi-pensione/prescrizione-contributi-inps_121.html Tue, 24 Oct 2017 07:53:58 +0000 http://www.inpensione.it/?p=121 Prescrizione Contributi INPS, 5 o 10 anni?

La prescrizione dei contributi INPS è regolata in maniera molto chiara dalla legge italiana, le conferme della Cassazione, del Consiglio di Stato e del Tribunale di Venezia sono delle conferme al fatto che i crediti tributari si prescrivono dopo 5 anni.

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Prescrizione Contributi INPS, 5 o 10 anni?

I contributi INPS, in Italia, sono un versamento obbligatorio che ogni datore di lavoro deve fare all’ente pensionistico per il suo lavoratore dipendente, o che ogni autonomo deve fare per sé. Anche se si rimanda sempre un po’ di più l’età della pensione – in virtù dell’incremento delle aspettative di vita – e anche se ci sono delle opportunità per andare in pensione in via anticipata, uno dei problemi più gravi cui l’INPS e il Governo devono far fronte è il mancato pagamento dei contributi INPS. Legato ad esso, scatta il concetto di prescrizione dei debiti erariali e contributivi, e c’è il dubbio se esso sia di 5 o 10 anni.

La legge parla chiaro: per quanto riguarda i debiti con l’INPS, la norma che regola la prescrizione è la n. 335/1995, che conferma la prescrizione in 5 anni qualora non venga emessa e notificata la cartella esattoriale. Ci sono, invece, dei dubbi sulle tempistiche di decadenza del debito dopo la notifica della cartella.

Cosa dice la legge sulla prescrizione dei contributi non versati

In questo caso si erano espressi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione tramite la sentenza n. 6173 del 7 marzo 2008, confermando che la prescrizione dei contributi INPS è comunque di 5 anni.

Entrando un attimo nel “legalese”, la legge conferma che la Suprema Corte ha confermato che “l’ingiunzione fiscale, poiché è potere di auto accertamento delle P.A. (le Pubbliche Amministrazioni), è di per sé un atto amministrativo, senza però efficacia di giudicato: per questo motivo la decorrenza del termine non produce alcun effetto di ordine processuale, ma solo l’effetto di irretrattabilità del credito. Inoltre, la ratio di questa perentorietà è giustificata dal fatto di non lasciare esposto, il contribuente, in maniera indefinita, all’azione esecutiva del Fisco”.

A conferma di questa tesi è andato, in seguito, anche il Consiglio di Stato, che in fase di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha affermato che per i crediti tributari, ovvero quelli legati alle imposte, e che sono iscritti a ruolo, si applica la prescrizione quinquennale dei contributi non versati che è prevista dall’art. 2948 cc. . I cinque anni decorrono, ovvero sono calcolati, dal momento in cui il debito diventa liquido ed esigibile.

Altra conferma è arrivata, lo scorso anno, dal tribunale di Venezia, che ha accolto il ricorso di un contribuente che aveva richiesto l’annullamento di tutti i debiti per prescrizione quinquennale, in considerazione del fatto che egli aveva ricevuto le cartelle nel 2005 e le intimazioni solo dopo 9 anni dalla prima notifica.

Prescrizione contributi INPS, quando si ha?

In questo articolo abbiamo affrontato anche un po’ di “legalese”, che tuttavia è molto chiaro e diverse sentenze lo confermano: la prescrizione dei contributi INPS si ha indubbiamente dopo 5 anni.

Quali categorie di lavoratori possono avere la prescrizione dai contributi?

Considerando quanto detto prima, la prescrizione dei contributi vale dunque per i commercianti, per gli iscritti alla gestione separata

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