Pensione di reversibilità a separati e divorziati: cosa dice la legge

La pensione di reversibilità è una forma di pensione che l’INPS concede in caso di morte di un congiunto. Può essere data se il congiunto deceduto era già pensionato, ma anche se stava lavorando ed aveva un minimo di contributi previdenziali versati. I beneficiari della pensione di reversibilità possono essere costituiti dal coniuge, dai figli fino a 26 anni se sono studenti universitari (senza limiti di età se sono soggetti inabili). In mancanza di coniuge e figli, la pensione di reversibilità spetta ai genitori con più di 65 anni senza pensione oppure ai fratelli inabili.

Pensione di reversibilità ai figli e nipoti: cosa dice la legge

Ma cosa succede nel caso di separati e di divorziati?

Pensione di reversibilità in caso di separazione

Secondo le norme in vigore, il coniuge separato non ha diritto sempre all’assegno di reversibilità. Le condizioni per riceverlo devono essere due: deve risultare separato senza addebito e deve essere titolare di un assegno di mantenimento da parte del coniuge deceduto. Ultimamente, in seguito ad una sentenza della Cassazione, il coniuge separato per addebito viene equiparato al coniuge che rimane in vita per quanto riguarda la possibilità di ottenimento della pensione di reversibilità.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, l’addebito della separazione non può essere ritenuto un elemento discriminante. Inoltre i giudici hanno stabilito che l’assegno di reversibilità può essere dato al coniuge superstite anche in assenza di assegno di mantenimento. La Cassazione ha ribadito che questa forma di pensione è uno strumento per tutelare i familiari in un momento di bisogno e di difficoltà che può venirsi a determinare a causa del decesso del pensionato.

Pensione di reversibilità in caso di divorzio

Il coniuge che risulti divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità, soltanto se è titolare di un assegno di divorzio. Inoltre è condizione imprescindibile il fatto che l’ex coniuge non abbia contratto un nuovo matrimonio. In questo caso il coniuge superstite non ha diritto all’assegno, ma la pensione di reversibilità viene liquidata attraverso una somma una tantum, calcolata in corrispondenza del trattamento moltiplicato per 26.

Pensione di reversibilità per il convivente

Le norme di legge hanno fatto molti passi avanti per quanto riguarda il riconoscimento della convivenza. Nel caso della pensione di reversibilità, tuttavia, non c’è stato un ampliamento di prospettive: al convivente non spetta nessun assegno. L’unica differenza è per il componente dell’unione civile, che è equiparato al coniuge superstite.

Pensione di reversibilità in caso di secondo matrimonio

Se il coniuge defunto si era risposato, la pensione di reversibilità deve essere ripartita tra più coniugi. La percentuale dell’assegno ricevuto da ciascun coniuge rimasto in vita viene stabilita dal giudice in base alla durata di ogni singolo matrimonio. Tuttavia bisogna ricordare che sulla ripartizione possono influire anche altri fattori, come l’accertamento di un eventuale stato di bisogno da parte di un coniuge in particolare.

Inoltre la durata del matrimonio è spesso soggetta ad interpretazioni. Se prima si faceva riferimento soltanto alla durata legale del vincolo matrimoniale, adesso vengono presi in considerazione anche altri elementi, come ad esempio la convivenza prematrimoniale. Per di più il giudice è sempre obbligato ad offrire una posizione di vantaggio e quindi una parte di pensione più alta al soggetto che risulta più debole dal punto di vista economico.