Pensione Anticipata RITA 2018: la guida completa

Novità dal mondo delle pensioni anticipate: presto potrebbe arrivare la RITA, acronimo di Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. E’ una misura, prevista dal Governo, per permettere a chi ha più di 63 anni di andare in pensione in via anticipata.

Andiamo alla scoperta di questo nuovo strumento che potrebbe soppiantare la mai decollata APE Volontaria.

Pensioni anticipate, cos’è la RITA

Come detto in apertura, RITA sta per Rendita Integrativa Temporanea Anticipata.

Si tratta, in pratica, di una rendita alla quale possono accedere tutti i lavoratori dipendenti che hanno più di 63 anni, che hanno perso il posto di lavoro (sia per giusta causa, che non) e che hanno versato, nel corso della loro vita lavorativa, dei contributi in favore di una pensione integrativa.

Tale rendita potrà essere ricevuta ogni mese, a partire dal momento in cui se ne fa domanda e fino al raggiungimento dell’età giusta per la pensione di vecchiaia, ovvero 66 anni e 7 mesi (al momento).

Benché le prime opinioni e giudizi da parte degli utenti non siano proprio positivi, anche perché si è purtroppo abituati a mettere un po’ le mani avanti quando si tratta di pensioni e governo, in realtà la RITA sembrerebbe più conveniente rispetto all’APE volontaria.

Perché la RITA conviene rispetto all’APE

Quando si parla di APE Volontaria, ci si riferisce ad un prestito che può essere ottenuto da chi vuole andare in pensione prima del tempo.

Tale finanziamento, in quanto tale, dovrà essere restituito a partire dal momento in cui si va in pensione, con tanto di interessi. Rappresenta, per il pensionato, un costo non da poco, soprattutto se la pensione non è altissima.

La RITA, al contrario, è un anticipo su una somma che si avrà diritto di riscuotere da qui a qualche anno. Per questo motivo, il lavoratore che ne farà richiesta non dovrà pagare alcuna penalità, né interesse.

Chi può fare domanda per la RITA

Alla RITA potranno prendere parte tutti i dipendenti con età anagrafica maggiore di 63 anni, uomini e donne, che sono disoccupati (non importa il motivo per cui si è perso il lavoro).

Oltre a queste, ci sono tutta una serie di altre caratteristiche importanti da dover soddisfare:

  • essere iscritti alla gestione separata o all’assicurazione generale obbligatoria;
  • aver versato almeno 20 anni di contributi;
  • andare in pensione di vecchia entro un massimo di 3 anni e 7 mesi dal momento in cui si fa domanda di RITA;
  • non avere alcun assegno di invalidità;
  • non avere alcun trattamento pensionistico diretto

La domanda può essere presentata direttamente presso la sede INPS di competenza, i cui dipendenti saranno in grado di dare tutte le spiegazioni del caso.

RITA e APE Volontaria, quale conviene?

Nel momento in cui ci si trova a un passo dalla pensione ma si è perso il lavoro, si può essere costretti a scegliere tra RITA e APE Volontaria.

Quale scegliere? Qual è più conveniente?

Tra le due, la RITA non ha costi né penali, perché si incassa, in anticipo, una somma che si avrebbe avuto diritto di riscuotere entro alcuni anni. L’APE, invece, è un prestito bancario e, come tale, ha degli interessi da dover pagare.

Inoltre, la RITA può essere richiesta solo da chi è disoccupato, mentre l’APE no, dato che si può fare domanda anche mentre si è ancora occupati.

Il pensionato che si trova a dover scegliere, tuttavia, si trova di fronte a tre opzioni:

  • optare per la sola RITA;
  • optare per il solo APE volontario;
  • scegliere un mix di entrambe, ad esempio il 50% tramite APE Volontario, e il rimanente tramite RITA.

Incentivi fiscali 2018 RITA

La RITA, a differenza dell’APE Volontaria, dà anche diritto a degli incentivi fiscali: la parte imponibile della rendita (sia che la RITA venga scelta da sola, sia in combinazione con l’APE) è assoggettata ad una tassazione tramite ritenuta a titolo d’imposta la cui aliquota, che sarebbe pari al 15%, può essere ridotta di un valore pari allo 0,3% per ogni anno, oltre il 15°, in cui si è versato denaro presso una pensione complementare.

Il limite massimo della riduzione dell’aliquota è il 6% (che equivalgono a 35 anni di versamento di contributi volontari).